domenica 16 giugno 2013

a metà strada...

Mi sembra di stare esattamente a metà strada. 

Tra la cittadinanza e la politica.

 

di Gianluca Grassi





Mi sembra di stare esattamente a metà strada. Tra la cittadinanza e la politica. Sarà perché ho amici che fanno politica e ho altri amici che fanno società civile. E questo stare esattamente nel mezzo mi porta a sentirmi libero di partecipare, senza dover forzatamente appartenere, alla politica così come alla società civile.
Di questi tempi respiro crisi di partecipazione sia nella politica che nella società civile. C’è una differenza sostanziale però – ed è il motivo per cui negli ultimi anni ritengo più interessante condividere un impegno fuori dai classici luoghi della politica – fuori dai partiti si respira energia, passione, desiderio di ridefinire le parole della politica, in maniera condivisa. Ed è qui che sta il cortocircuito di fondo, in questo momento credo che la reale rappresentanza risieda al di fuori dei partiti. E questo lo hanno capito anche molte delle persone che fanno politica – in particolare quelli che la fanno ancora per passione e non da anni per professione. 
Perdonatemi se sono severo con la politica e con chi fa politica. Ma sono rimasto scottato quando avevo quasi 15 anni, credo fossi tra i più giovani nella federazione di via San Girolamo. Mi impegnai due anni, cercando di capire i meccanismi della politica. Ne uscii nell’estate del 1994, dopo che fummo chiamati a votare il nuovo segretario del partito. Quella volta, la base, a livello nazionale scelse Veltroni. E – pochi giorni dopo – il consiglio nazionale elesse Massimo D’Alema. Oggi non rimpiango nessuno dei due, ma il problema è che questa scena si è poi ripetuta altre volte… Spesso uno osserva un partito e non si capisce – dall’esterno – come avvengono le scelte e chi le fa.

C’è una frase di Calvino che vorrei condividere con voi: L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Oggi chi fa politica – i partiti – potrebbero darsi come obiettivo quello di individuare cosa non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Per fare questo con un minimo di obiettività, bisognerebbe abituarsi a considerarsi come parte integrante dell’inferno, per non cadere nella tentazione di salvare se stessi. Perché il rischio che corriamo tutti, ma è particolarmente grave in una persona che detiene un potere, è quello di salvare soltanto quello che abbiamo attorno: la nostra famiglia, i nostri amici, le cose che ci piacciono e in cui ci riconosciamo. E quando questo succede, la politica dà le peggiori prove di sé.


Anche se chi mi conosce superficialmente non lo direbbe, io sono ottimista. Infatti negli ultimi mesi mi sembra di percepire in alcuni luoghi della politica – la disponibilità ad ascoltare, confrontarsi, condividere. Questa attitudine non riesco a ricondurla soltanto a un calcolo elettorale, ma alla volontà di salvaguardare idee, progetti e visioni di futuro che prendono vita ogni giorno.
Sento molte parole rinascere al di fuori dei luoghi della politica. Parole come: spazio pubblico, servizi pubblici, trasporto pubblico locale, economia solidale, diritti, lavoro. Parole che hanno nella loro sostanza una nuova idea di futuro, stanno per entrare a far parte del mondo della politica, grazie a chi è in ascolto e vuole trasformare queste parole in azione concreta. A Reggio Emilia su un tema in particolare ci si sta giocando questo dialogo: quella dell’acqua pubblica, bene comune.

Dal punto di vista della politica, a volte deve essere frustrante avere a che fare con la cittadinanza, la società civile. Perché alcune volte anche tra la società civile prevale la visione particolare, invece dell’interesse collettivo, generale. E si pensa che il mio problema, sia il problema di tutti.
In questo l’azione politica può contribuire alla maturazione di queste esperienze, formando la società civile ai percorsi e ai tempi della politica. Perché spesso chi è impegnato nella società civile ha il difetto di non approfondire i tempi della democrazia, dell’amministrare la cosa pubblica.

È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.
Calvino ci avverte che la costruzione del futuro è fatto di desideri e paure. E di fronte abbiamo la possibilità di costruire il futuro, anche grazie alla crisi. La crisi ci sta costringendo a ripensare il ruolo delle istituzioni, le priorità, gli ambiti di intervento. E le basi che verranno poste, saranno determinanti perché si affermeranno o si perderanno diritti. Si salvaguarderanno o si faranno scomparire politiche.
Ed è per questo che di fronte alla costruzione del futuro, provo anche paura, perché in questo momento i partiti mi sembrano luoghi che hanno bisogno di essere ricostruiti, attingendo pensieri,  parole e proposte dai diversi mondi della società civile. Non assimilando, ma entrando in dialogo, costruendo insieme nuovi percorsi, in un nuovo modo di fare politica in modo partecipato. Un dialogo che deve avvenire non soltanto con l’obiettivo di una scadenza elettorale, ma come prospettiva politica che appartiene alla comunità.

Christopher Lasch scrisse nel 79: La "fuga dalla politica", come viene definita dall'elite dirigenziale e politica, può essere un segno che rivela la crescente riluttanza delle persone a partecipare al sistema politico nelle vesti di consumatori di spettacoli prefabbricati. Può non denotare affatto, in altre parole, un ritiro dalla politica, ma annunciare le fasi iniziali di una rivolta politica generale.
Come dicevo, sono ottimista, e credo che possiamo iniziare insieme a parlare di spazio pubblico, servizi pubblici, trasporto pubblico locale, economia solidale, diritti, lavoro. Perché D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.

Quindi chi fa politica potrebbe scegliere di iniziare un dialogo in grado di coinvolgere realmente la cittadinanza e elaborare così la città che vogliamo costruire, cambiando anche il ruolo della politica e dei partiti.
I partiti hanno luoghi fisici e persone che possono essere parte del cambiamento della comunità. E forse è venuto il momento di capire le modalità con cui questi spazi vengono pensati e come le persone vengono coinvolte e formate.
Gli spazi dei partiti sono le sezioni, le feste, le iniziative. Perché non far diventare le sezioni luoghi aperti alla produzione sociale, culturale e ricreativa del territorio? Perché non promuovere momenti di confronto dove non sono gli eletti o i rappresentanti ad avere la parola, ma dare la voce anche a opinioni altre, promuovendo una vera e propria formazione politica permanente? Quanti di voi hanno mai pensato, ad una riunione del vostro partito, che la persone che è seduta dietro o davanti a voi, sia di fatto un imbecille?
Le attività dei partiti. Perché non modificare le modalità con cui si “pensano” alle attività della politica, magari comunicando di meno, facendo meno riunioni in cui si parla a se stessi e pensando ad un luogo della politica in grado di mobilitare militanti e volontari in gruppi di acquisto solidale, in progetti a sostegno di del territorio, affiancando chi si occupa di distribuire pasti a chi ne ha bisogno o di fare attività di pulizia ambientale. Definire quindi una nuova funzione sociale dei luoghi e delle attività della politica, avvicinandosi così alla funzione di quella che finora abbiamo definito società civile.

Forse usare la parola “società civile” è sbagliato, abbiamo dovuto iniziare a praticarla a causa di questa distanza e questo voler rimarcare le rispettive identità. Una delle cose più belle che mi sono successe negli ultimi anni, è stata quella di partecipare al gruppo che ha sostenuto i Si ai quattro referendum sui beni comuni. Con alcuni dei gruppi o delle persone che fanno parte di questa realtà, ho sentito di essere distante ed a volte mi sembra di dissentire fortemente su alcune posizioni specifiche. E viceversa, come la penso io, non sempre va bene o piace a tutti. Questo percorso ci ha portato a rinunciare alle distinzioni, cercando di superare i confini di ogni identità specifica.
La scorsa settimana abbiamo fatto insieme la seconda edizione delle giornate dei beni comuni, che forse non è nulla di eclatante, ma è una pratica di cittadinanza fatta da tanti soggetti e persone che scelgono di non dover mettere loghi, timbri, firme a quello che viene proposto. Perché quello che deve passare è l’idea e non chi la propone.
In questo senso vorrei vedere dai partiti, dai movimenti politici, la capacità di chiamare a raccolta evitando di voler sempre timbrare e portare una firma a tutto. La capacità di perdere, smarrire e mettere in gioco un poco della propria identità è una delle condizioni necessarie per crescere, elaborare nuove prospettive, condividere idee, ritrovare – almeno un poco – il senso del noi.


venerdì 7 giugno 2013

Le giornate dei beni comuni - il programma




Programma completo delle delle giornate:


Il villaggio della SCUOLA dI PACE è lo spazio dove si svolgeranno  incontri  e  presentazioni  di  libri  sui  temi della nonviolenza, del disarmo e della pace. Animazioni e musica si alternano agli incontri per creare un luogo d’incontro nelle giornate dei Beni Comuni (qui il dettaglio).

Durante le giornate sarà attivo il PUNTO RISTORO a Km 0 in collaborazione con il Centro Sociale Catomestot e  Hortus:  buffet  dei  prodotti  dell’orto,  spiedini  di frutta e macedonie, torte salate e quiche, torte, bio-pizza e naturalmente gnocco fritto e salumi. Aperitivi (alcoloci e non), birra artigianale e vino.


per info: benicomuni.re@gmail.com




Venerdì 7 giugno - pomeriggio

 

VENERDI' 7 GIUGNO


Ore 18.00 > Reggio Emilia BarCamp 

 Idee e proposte per la città

 

individuo | comunità  >(welfare)

cultura | consumo >(cultura)

urbano | rurale >(territorio e urbanistica)

globale | locale >(internazionalità)

diritti | doveri >(responsabilità e legalità)

impresa | capitale sociale >(lavoro)

fiducia | speculazione >(credito)

pubblico | privato >(rapporto pubblico privato)

 



Ore 20.00 > concerto del trio “La brigata Lambrusco






La Brigata Lambrusco nasce nell’autunno 2012 dall’idea di 4 ragazzi di rinnovare la storia della musica della resistenza e la memoria delle tradizioni Emiliane; il gruppo alterna infatti il Combat-Folk ai canti popolari tipici dell’Emilia e la serietà dei canti “socialmente impegnati” all’ironia del canto popolare anni 50′. Il nome nasce proprio dalla usione di questi due tipi di memoria: da una parte la resistenza partigiana, in ricordo della gloriosa brigata partigiana reggiana (La Brigata Garibaldi), dall’altra le ROSSE tradizioni Reggiane con il buon vino “Lambrusco”.
Il gruppo ha sempre alternato la musica all’impegno sociale con numerose associazioni ed enti quali ANPI, centri sociali, collettivi studenteschi, ecc…

martedì 4 giugno 2013

Legge iniziativa popolare "Rifiuti 0"


DOMENICA 9 GIUGNO

ORE 16,30

Presentazione della campagna di raccolta firme per la legge di iniziativa popolare

 RIFIUTI ZERO

 

con Natale Belosi 
Estensore della Legge nazionale Rifiuti Zero, 
referente regionale della campagna in Emilia Romagna e 
componente del Comitato Tecnico Scientifico dell'Eco-Istituto di Faenza





Rifiuti Zero è una strategia che si propone di riprogettare la vita ciclica delle risorse in modo tale da riutilizzare tutti i prodotti, facendo tendere la quantità di rifiuti da conferire in discarica allo zero, contrapponendosi alle pratiche che prevedono necessariamente un processo di incenerimento o discarica. Il processo assomiglia al riutilizzo delle risorse fatto dalla natura. Tra i suoi maggior teorizzatori vi è il prof. Paul Connett, docente della St. Lawrence University (Canton).

Nell'industria questo processo coinvolge la creazione di attrezzature differenti da quelle utilizzate nella normale produzione capaci di rigenerare prodotti già utilizzati. Un esempio può essere il ciclo di una bottiglia di vetro per il latte. La risorsa iniziale è la sabbia silicica, la quale viene trasformata in vetro e successivamente in una bottiglia. La bottiglia viene riempita di latte e distribuita al consumatore. Al momento, i normali metodi di gestione dei rifiuti dispongono che la bottiglia venga gettata in discarica. Ma con il metodo Rifiuti Zero la bottiglia può essere affittata al momento dell'acquisto tramite un deposito, e viene riportata indietro dopo l'utilizzo. La bottiglia viene quindi lavata, riempita e rivenduta. L'unico materiale sprecato è l'acqua di risciacquo e l'energia utilizzata viene ridotta al minimo.

Rifiuti Zero può rappresentare un'alternativa economica al sistema dei rifiuti tradizionale, dove nuove risorse vengono continuamente utilizzate per rimpiazzare le risorse finite in discarica. Può anche rappresentare un'importante alternativa per l'inquinamento visto che la discarica produce una quantità significativa di inquinamento ambientale.

Schematicamente è possibile riassumere la strategia Rifiuti Zero in tre punti:
  1. eliminare l'incenerimento dei rifiuti e strutturare un sistema di raccolta che aumenti la quantità di materiale differenziabile ed ottimizzi la qualità del materiale da riciclare, diminuendo contestualmente la quantità di rifiuti prodotti;
  2. incentivare il riuso del materiale riciclato, la riparazione di oggetti e operare scelte di vita che diminuiscano la percentuale di scarti (es. uso di prodotti alla spina);
  3. sostenere la progettazione e la produzione di prodotti totalmente riciclabili, riutilizzabili e riparabili.
Il primo comune italiano ad aderire alla strategia Rifiuti Zero è stato Capannori (LU) in Toscana. Al 2013 sono circa 80 i comuni italiani aderenti alla Strategia Rifiuti Zero, per un bacino complessivo di oltre 2.000.000 di abitanti.

venerdì 31 maggio 2013

Venerdì 7 giugno: La Costituente per i Beni Comuni

Venerdì 7 giugno




ore 21,00 > incontro con Luca Nivarra

La Costituente dei Beni Comuni

[Commissione Rodotà itinerante]



Luca Nivarra insegna diritto civile nell’Università di Palermo, dove ricopre vari incarichi (Consigliere d’Amministrazione, Direttore di Dipartimento, Coordinatore di Dottorato di Ricerca). Dal 2008 è Presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Palermo. La sua attività di studioso si è sviluppata in una pluralità di direzioni, concentrandosi prevalentemente su temi diritto dell’economia (antitrust, proprietà intellettuale, beni comuni), di teoria generale del diritto e di storia della cultura giuridica. Dal 2006 al 2008 ho fatto parte, insieme con Ugo Mattei ed Alberto Lucarelli, della Commissione “Rodotà” per la riforma della disciplina codicistica dei beni pubblici: all’esito dei suoi lavori, la Commissione ha predisposto un disegno di legge delega nel quale, per la prima volta, figura la categoria giuridica dei beni comuni. Insieme con Rodotà, Mattei, Lucarelli, Azzariti e Ferrara, ho provveduto all’elaborazione dei quesiti poi oggetto del referendum del 12 e 13 giugno in materia di servizi pubblici locali.




Cos’è la Commissione Rodotà?

Si tratta di una Commissione ministeriale per la Riforma di parti del Libro III “Della Proprietà” del Codice Civile presieduta da Stefano Rodotà e composta da giuristi ed economisti di diverso orientamento politico che ha lavorato tra giugno 2007 e febbraio 2008. L’obiettivo era introdurre una disciplina dei beni che sostituisse un quadro normativo inadeguato e obsoleto, incapace di governare in modo efficace processi di dismissione che a partire dal 1991 e con il fine dichiarato di ridurre il debito pubblico hanno prodotto una vera e proprie svendita del patrimonio pubblico italiano.
I lavori si sono conclusi con la presentazione di un Disegno di Legge Delega che proponeva un superamento delle categorie del demanio e del patrimonio, per introdurre una nuova classificazione concentrata sulle utilità che i beni sono in grado di produrre.

Quale proposta ha elaborato?

La Commissione Rodotà ha proposto la prima definizione giuridica dei beni comuni, distinguendoli tanto da quelli privati quanto da quelli pubblici.
- I beni comuni esprimono ‘‘utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona” e possono appartenere a persone pubbliche o private; la disciplina prevista dalla Commissione tiene conto delle generazioni future e della necessità di garantire, indipendentemente dalla titolarità, una fruizione collettiva dei beni comuni ‘‘nei limiti e secondo le modalità fissate dalla legge”. Quando la proprietà dei beni è pubblica, essi sono posti extra commercium e possono formare oggetto di concessione solo nei casi previsti dalla legge e comunque per una durata limitata e improrogabile. Alla pubblica amministrazione è riconosciuta la tutela risarcitoria, mentre ciascun individuo ha accesso a quella inibitoria, in nome del diritto alla salvaguardia e fruizione di questi beni. Sono beni comuni, tra gli altri: i fiumi, i torrenti e le loro sorgenti; i laghi e le altre acque; l’aria; le foreste, i lidi e i tratti di costa dichiarati riserva ambientale; la fauna selvatica e la flora tutelata; i beni archeologici, culturali, ambientali e le altre zone paesaggistiche tutelate;

Cosa è successo ai lavori della Commissione?

Le sorti del Disegno di Legge hanno seguito quelle del Governo Prodi, alla caduta del quale il testo di riforma ha cessato il proprio iter di discussione; nel 2009, a seguito di una proposta di legge delega formulata ai sensi dell’articolo 121.2 Cost.
dal Consiglio Regionale del Piemonte, il testo della Commissione è stato recuperato integralmente e presentato in Senato, discusso in alcune commissioni ma mai liberato per le aule parlamentari. Proprio il giorno della sua presentazione in Senato, alla Camera veniva convertito il c.d. Decreto Ronchi, che obbligava i comuni alla “messa a gara” di ogni servizio, incluso quello idrico. Contro questo Decreto, al fine di tutelare l’acqua, bene comune primario nel disegno di legge delega veniva proposto il referendum redatto da alcuni dei giuristi della Commissione costituitisi in Comitato “Siacquapubblica”.


La grande ascesa dei beni comuni

La vittoria dei referendum sull’acqua nel 2011, le innumerevoli lotte sul territorio (dal No Tav al No Muos) e le occupazioni di teatri e spazi pubblici e privati in tutto il paese hanno ridefinito e ricreato il significato di beni comuni dotandoli di un senso politico più ampio rispetto alla nozione giuridica della Commissione Rodotà.
Nel corso di questo processo, i movimenti si sono identificati nella nozione dei beni comuni a hanno lavorato a stretto contatto con diversi giuristi che avevano operato nella Commissione Rodotà. Si è profilata così un’inedita alleanza fra cultura giuridica e le lotte legate ai beni comuni, in particolare a partire dalla rilettura di norme costituzionali da anni dimenticate, quali la funzione sociale e l’accesso alla proprietà di cui all’art. 42 e il riconoscimento di comunità altre all’art. 43. Da queste premesse nasce la Costituente dei Beni Comuni.


Cosa è la Costituente dei Beni Comuni?

La Costituente per i beni comuni è un’assemblea autoconvocata, aperta alla partecipazione di tutti i soggetti organizzati e non che vogliano prendere parte al percorso; essa esprime un ampio spettro di movimenti sociali, quelli che negli ultimi anni e con diverse forme hanno portato avanti pratiche di difesa dei beni comuni su tutto il territorio nazionale.
La Costituente è un’assemblea deliberante che si riunisce in luoghi diversi, esprimendo una sovranità diffusa; ad ogni appuntamento della Costituente partecipa altresì una Commissione redigente composta da giuristi e studiosi dei beni comuni, in gran parte già esponenti della Commissione Rodotà che hanno il compito di tradurre in dispositivi legali le istanze della Costituente che emergeranno durante gli incontri, grazie a dibattiti su temi di volta in volta definiti e l’utilizzo di questionari.

Di quali temi si occupa la Costituente?

A Beni comuni: definizione normativa e approvazione di una nuova disciplina del diritto di proprietà, già in parte elaborata dalla Commissione Rodotà;
B Reddito: a partire dalle proposte elaborate e sperimentate dalle realtà di movimento, e dalla proposta di legge di iniziativa popolare su cui sono state raccolte le firme;
C Nuova disciplina delle proposte di legge di iniziativa popolare per rendere obbligatoria la discussione alle Camere e la possibilità per i promotori di seguire attivamente i lavori;
D Web: Proposta per inserire nell’art. 21 della Costituzione l’accesso a Internet come diritto fondamentale della persona.
In particolare nei prossimi mesi la Costituente si occuperà del punto sub A al fine di produrre un Codice dei Beni Comuni che nasca dalle esperienze reali di lotta.

Qual è lo scopo della Costituente?

Tradurre in degli articolati di legge le proposte che emergeranno attorno ai temi indicati; questa saranno redatte dalla commissione redigente per poi essere presentate per la discussione e l’approvazione della Costituente indicativamente entro la fine del 2013 e l’inizio del 2014; tutti i testi saranno pubblicati on line per raccogliere commenti diffusi e proposte di modifica. Si intende sperimentare in tal modo un nuovo processo di produzione di diritto legittimato dal basso ed allo stesso tempo rafforzare la rete delle lotte per i beni comuni.




ore 23.00 >  In/sonorizzazioni con

Jahspora Crew  

 

Jahspora come diaspora, la dispersione a cui molti sono costretti per forza maggiore. E come speranza. Si, speranza di qualcosa di migliore, perchè è quella che fa andare avanti nei momenti più bui. Tutto questo tradotto in musica, con sonorità reggae-roots, dancehall e hip-hop.





Sabato 8 giugno - pomeriggio

Sabato 8 giugno

ore 15,30 >  incontro con Juan Carlos De Martin su 

la conoscenza condivisa: 

open access come bene comune

 

Juan Carlos De Martin tiene il corso Rivoluzione Digitale presso il Politecnico di Torino, dove ha co-fondato e co-dirige il Centro Nexa su Internet e Società. Dal 2011 è Faculty Fellow presso il Berkman Center for Internet & Society della Harvard University e Senior Visiting Researcher presso l’Internet and Society Laboratory della Keio University di Tokyo. Dal 2005 al 2012 è stato responsabile italiano del progetto Creative Commons. È editorialista de La Stampa e collabora con Nova-Il Sole 24 Ore. È membro del Consiglio Scientifico dell’Enciclopedia Treccani. Nel 2012 ha curato, insieme a Melanie Dulong de Rosnay, il libro The Digital Public Domain: Foundations for an Open Culture (OpenBookPublishers).


Spettacolo Teatrale > PITBULL


regia Monica Franzoni e Riccardo Paterlini


testo frutto dell'attività laboratoriale
con Adriano, Alessandro, Amid, Angelo, Antonio, Bruno, Corrado, Michele, Stefano.

È possibile rieducare un Pit Bull? È possibile reinserire all’interno della cosiddetta società civile un cane che ha vissuto innumerevoli combattimenti, che ha subito ed inferto inenarrabili violenze?
Questo spettacolo nasce da questa controversa questione, lungamente dibattuta da etologi ed animalisti.
Il Pit, il cane da combattimento per eccellenza, per essere preparato al ring, subisce un addestramento infame: “catena e bastone, bastone e catena…” ai quali si aggiunge un massiccio uso di droghe e di stimolanti. Il Pit, perché distrugga il suo avversario, è sottoposto ad un processo di sistematica decostruzione dei limiti e degli argini naturali che ogni animale, compreso l’uomo, ha inscritti nel dna. La violenza diviene così una forza che si autoalimenta, che nutre sé stessa, seguendo una logica distruttiva ed autodistruttiva. Il Pit diviene una molla, “un fascio di muscoli e nervi pronto a scattare contr’a chicchessia”.

In scena a porre il pubblico di fronte al problema della rieducazione del Pit uno scopino della M.O.F.: un lavorante dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario appassionato di cani. L’eco delle sue parole riecheggia tra i muri di cemento armato e si riverbera immediatamente sulla condizione del ricoverato dell’O.p.g., dell’internato del “manicomio criminale” ingabbiato in un canile dove gli si chiede di ritrovare l’equilibrio e di ricostruire quei limiti e quegli argini che egli ha irrimediabilmente perduto. L’O.p.g. è abitato da un popolo di combattenti, che hanno ingaggiato una lotta dura con la vita, che hanno inferto e subito grande sofferenza, ma che alla fine in tutti i casi hanno avuto la peggio.
È così che la domanda di partenza alla fine dello spettacolo risulta ribaltata: è possibile reinserire all’interno della cosiddetta società civile un ricoverato dell’O.p.g.?
La risposta è sì.
Rimane però inevaso un ultimo interrogativo che viene consegnato al pubblico irrisoloto: siamo sicuri che il “canile giudiziario” sia il luogo adatto per favorire questo processo? 




ore 17.50 > incontro con l'autrice del libro Maria  Falcone don Daniele Simonazzi 


  «carceri, lo spazio è finito»

L’8 gennaio 2013 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante di sette carcerati detenuti nei carceri di Busto Arsizio e di Piacenza. La Corte accusa l’Italia di violare i diritti dei reclusi tenendoli in celle in cui hanno a disposizione meno di tre metri quadrati a testa. Il nostro Paese deve pagare ai sette detenuti un totale di 100.000 euro per danni morali ma, soprattutto, nel testo della sentenza della Corte europea dei diritti umani si legge chiaramente l’invito al nostro Paese a porre rimedio subito al sovraffollamento carcerario. 

Il libro di Maria Falcone è un viaggio nell’Italia delle carceri. Un viaggio di denuncia senza attenuanti da parte di chi al recupero di chi ha sbagliato e paga il suo conto con la giustizia ha dedicato la sua vita e la sua professione.

Maria Falcone è laureata in Scienze dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca ed è docente di scuola carceraria presso la Casa di Reclusione Rebibbia-Roma. Ha cominciato a svolgere quest’attività nel 2000, all’interno dell’Istituto Penale per i Minorenni “Cesare Beccaria” di Milano. Dal 2003, nel carcere di Monza, ha ideato e condotto il gruppo pedagogico, un percorso di formazione pluriennale finalizzato all’elaborazione della pena. Organizza e gestisce corsi per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri e di Educazione Interculturale.

don Daniele Simonazzi
Cappellano dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia, è parroco di Pratofontana, membro della Commissione Diocesana per il dialogo con l'Islam e sacerdote dell’Istituto Servi della Chiesa. 







 ore 19.00 > concerto di

Violetta Zironi Violetta Zironi



Violetta ha 17 anni, si accompagna con la chitarra e canta blues, country e traditionals scozzesi.
É cresciuta grazie ai consigli di Little Paul Venturi, dell'armonicista Giuseppe Zironi e del mitico batterista Oscar Abelli, mentre dal passato le sono arrivate ben chiare le lezioni di Menphis Minnie, Johnny Cash e Etta James. Di lei, il suo leggendario zio Oracolo J. King scrive: una luce sembra avvolgerla e proiettarla in un mondo lontano che riesce a far rivivere, incantando. Con i lunghi capelli sulla chitarra, Violet Queen canta l'America dei diseredati e dei senza dio, le strade, i fuorilegge e la ferrovia, i cuori infranti ed il confine con il Messico.... il Grande Sogno Americano.

giovedì 30 maggio 2013

Il villaggio della Pace



 Il Villaggio della Pace




Il villaggio della pace è un luogo di scambio, confronto e informazione sui temi dei diritti umani, del disarmo e della nonviolenza.  Riunisce tutti gli amici e le associazioni che da anni fanno parte della Scuola di Pace di Reggio Emilia.

Programma:

durante tutte le giornate sarà possibile visitare la mostra “Operazione Colomba in Colombia, il conflitto, la condivisione l’accompagnamento e la lotta nonviolenta nella Comunità di Pace di San Josè de Apartado”


«Spazio Libreria E Spazio Info DES» a cura di Infoshop/Cooperativa Sante Vincenzi
 

VENERDI’ 7 GIUGNO



ore 19.00

Presentazione del libro “Educare alla mondialità”  a cura dell'Associazione "Granello di Senapa"

Il libro racconta i primi dieci anni del “Granello di senapa” e "apre i propri armadi" offrendo le schede tecniche degli incontri più efficaci sperimentati in questi anni.
Il Granello di senapa è un tavolo di coordinamento tra diversi Uffici pastorali ed Enti che propongono insieme un progetto formativo sui temi dell’educazione alla mondialità, alla pace e alla custodia del creato. Al coordinamento partecipa anche la Caritas di Reggio Emilia la quale ospita nella sua sede gli uffici del coordinamento. Ha da poco compiuto dieci anni e conta migliaia di ore di formazione nelle scuole, nei gruppi e nelle parrocchie. Un lavoro portato avanti con creatività e impegno da un gruppo di giovani (professionisti e volontari) che ha di gran lunga superato il centinaio di membri.

Il libro ha questo preciso scopo: contagiare altri nel coinvolgere bambini, giovani, famiglie, insegnanti ed educatori in un progetto formativo su questi temi. Al testo è allegato un CD ricco di materiali. I temi toccano l’amplissima gamma, si va dalle dimensioni interiori e profonde della persona (le relazioni, l’affettività, le scelte di vita, la vocazione) fino alle sfide che investono l’intero globo e i suoi abitanti (le risorse, i conflitti, la pace, la giustizia, la cittadinanza, l’integrazione, la povertà, ecc.). Ciò che risulta più originale e merita attenzione, tuttavia, è la metodologia utilizzata. Anzitutto nella strutturazione degli interventi che vengono co-progettati insieme agli interlocutori. Sempre di più nel corso di questi dieci anni è emersa la necessità di progettare attività su misura in base alle esigenze degli utenti. Abbandonate le linee di prodotti preconfezionati a favore di una progettazione in situazione, è stato avviato un dialogo con insegnanti ed educatori, nel rispetto delle diversità delle esigenze particolari. Poi c’è la grande attenzione al linguaggio, alla metodologia attiva, alle dinamiche di partecipazione, che permettono ai ragazzi di apprendere nuove conoscenze mettendo in gioco quello che possiedono. Un modello pedagogico che non punta soltanto all’acquisizione di nuovi contenuti o competenze, ma che coinvolge le dinamiche simboliche e identitarie della persona spingendola a mettere in discussione ciò che appare scontato e avanzando nell’esplorazione dell’ignoto. Ne risulta un corpus assai ricco, che non scade nella sterile ripetizione di se stesso o nella riproposizione statica dell’intuizione originale, ma rimane sempre aperto e si arricchisce di nuovi contributi.




SABATO 8 GIUGNO


Durante il pomeriggio spettacolo teatrale de Gli Spavaldi “Acqua a pecorella

Ore 16.30
Fiabe Saharawi, testimonianza dal Sahara occidentale a cura di Ass. Jaima Saharawi


Ore 18.00
 I volontari di Operazione Colomba si raccontano




Ore 19.00


COLORE - Cittadini contro le mafie” e LIBERA - Coordinamento di Reggio Emilia



presentano il IV Quaderno dell'OSSERVATORIO CIVICO ANTIMAFIE:



 “Schiavi delle mafie”
Tratta e sfruttamento a Reggio Emilia.Un viaggio che parte da lontano





DOMENICA  9 GIUGNO


Ore 16.00
Sara Goldoni
Spettacolo e laboratorio di burattini